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Chiamati anche “ticchi”,i teneri getti delle vitalbe si usano in primavera. La frittura viene effettuata in lardo o strutto,oppure olio.
Ingredienti:6 uova,un mazzetto di vitalbe,2 cucchiai di olio d’oliva,sale,pepe.
Esecuzione:in una padella con olio caldo versare le vitalbe ben lavate e spezzettate grossolanamente,lasciarle cuocere a fuoco lento per alcuni minuti,poi aggiungere le uova sbattute,una buona manciata di pepe,ed ecco in tavola una padellata di primavera.
(informazioni reperite dal libro “Urbino a tavola” di Rolando Ramoscelli e Gianfilippo Centanni)
Tipica del mese di maggio,sempre gradita.La fava,saporitissima ed attesissima per la merenda assieme a pecorino e lonza,è altrettanto festeggiata a tavola se cucinata con attenzione.La minestra di maggio,unisce questo prelibato frutto di stagione al guanciale di maiale stagionato:due tipi di prodotti che si esaltano a vicenda.
Ingredienti:2 etti di fave fresche,50 gr di pasta piccola,1 etto di polpa di pomodoro, 1 etto di guanciale di maiale (o,in mancanza di pancetta),una cipolletta,uno spicchio d’aglio,mezza costa di sedano,qualche rametto di prezzemolo,1,5lt di brodo,pecorino grattuggiato,sale,pepe.
Esecuzione:tritare il guanciale con la cipolla,l’aglio,il sedano,il rosmarino e il prezzemolo.In una pentola far soffriggere il trito a fuoco moderato,aggiungere la polpa di pomodoro,salare,pepare e far insaporire per una decina di minuti.Versare nella casseruola le fave (chi lo preferisce,potrà privarle della pellicina),mescolare bene,bagnare con il brodo e portare il brodo a cottura;in tempo utile unire anche la pasta.A cottura ultimata,togliere la minestra dal fuoco,cospargela di pecorino grattuggiato e lasciarla riposare per qualche minuto prima di servire.
(informazioni reperite dal libro “Urbino a tavola” di Rolando Ramoscelli e Gianfilippo Centanni)
Innumerevoli sono le ricette anche utilizzando i gambi e le foglie.Dal carciofo si ricavano salse per condire paste asciutte o risotti.Il carciofo ha proprietà di protezione e disintossicazione del fegato,favorisce la riduzione del colesterolo nel sangue e la digestione.I decotti e gli infusi con foglie del carciofo,sono utili per ovviare alla stanchezza della pelle.
Ecco la ricetta per la preparazione dei carciofi saltati:
Ingredienti:8 carciofi ,1limone,3 cucchiai di olio di oliva extravergine,1 cucchiaio di prezzemolo tritato,sale e pepe.
Esecuzione:mondare i carciofi togliendo le foglie più dure e la peluria interna;lasciarli a bagno per 4 ore in acqua acidula,scolarli e in una padella,farli saltare nell’olio,bagnare con il succo di limone,salare,pepare,continuare la cottura facendoli saltare di tanto in tanto.Debbono rimanere abbastanza al dente;servirli subito con una spolverata di prezzemolo tritato.
(informazioni reperite dal libro “Urbino a Tavola” di Rolando Ramoscelli e Gianfilippo Centanni)
Piatto primaverile dal gusto inimitabile. Per confezionarlo le abili mani delle massaie attendono le migliori ricotte ed i germogli appena nati. I cappellacci sono grossi cappelletti che nella forma assomigliano ai cappelli di paglia indossati dai contadini per ripararsi dal sole. Possono essere preparati anche con pasta verde,aggiunta di tartufo,conditi con burro e noci.
Ingredienti: sfoglia di 4 uova,200gr di ricotta fresca,300 gr di germogli lessati,mezza scorza di limone grattuggiata,80 gr di burro,50 gr di casciotta di Urbino,50 gr di parmigiano grattuggiato,sale e pepe.
Esecuzione:in una terrina mescolate la ricotta,i germogli spezzettati,la scorza di limone e 30 gr di burro.Salare,pepare e mescolare. Con l’impasto ottenuto e la sfoglia tagliata a dischi,formare tanti grossi tortelli a forma di cappelli,lasciarli asciugare per qualche ora,cuocerli in acqua salata (meglio se nel brodo) scolarli,condirli con 50 gr di burro fuso e parmigiano.
(informazioni reperite dal libro “Urbino a tavola”)
Giovedi 11 aprile si terrà il convegno “Giovani e nuova agricoltura” presso l’Aula Magna di Palazzo Battiferri ad Urbino . Per visualizzare il programma del convegno vedi http://tinyurl.com/girolomoni.
Il Braciolone all’Urbinate” è un rotolo di bovino (ma può essere anche di maiale) farcito come se fosse un grosso involtino.Molte le varianti al ripieno,compresa l’aggiunta di funghi o tartufi;e anticamente con cottura in varie maniere: bragiolette avvoltolate con carciofi,con verdure,con le olive, con prosciutto,sino alla ricetta,importante del luogo,intitolata “Carne ottima”,chiamata anche “Braciolone all’urbinate” o “all’antica”.
Ingredienti:1 fetta di vitellone ( ben frollata e battuta) di circa mezzo kg,100gr di prosciutto crudo,1dl di olio oliva,50 gr di lardo tritato,1uovo,1 cipolla finemente affettata,1cucchiaio di farina sbattuta in due cucchiai di latte,2 cucchiai di caciotta sminuzzata,1 noce di burro,sale e pepe.
Esecuzione:battere l’uovo con il composto di farina e latte,unirvi la caciotta e il burro,salare,pepare,farne una larga frittata.Allargare la carne su un tagliere,salare,pepare,stendervi la frittata,ricoprire con le fette di prosciutto.Arrotolare il tutto e legare.In un tegame far imbiondire la cipolla affettata nell’olio e lardo.adagiarvi la carne e farla colorire rigirandola,bagnare con acqua calda e far cuocere a tegame coperto per un’oretta.Mettere la carne affettata su un piatto da portata,bagnarla con il fondo di cottura setacciato e portare in tavola.
Informazioni reperite dal libro “Urbino a Tavola” di Gianfilippo Centanni e Rolando Ramoscelli
“Urbino a tavola” rappresenta un’escursione dall’antico ad oggi sulla storia della cucina urbinate.L’obiettivo degli autori, Rolando Ramoscelli e Gianfilippo Centanni,è quello della conservazione e della divulgazione di un patrimonio che altrimenti andrebbe perso. Per la raccolta delle informazioni gli autori hanno prediletto il parlare con la gente,raccogliendo comunque documenti e illustrazioni,prevalentemente con persone anziane depositarie di usanze e cognizioni che col fruire delle generazioni,se non tesaurizzate sarebbero inevitabilmente dimenticate. Gli autori si sono resi conto che Urbino ha una cucina cittadina evolutasi in un tessuto naturale ricco di materie prime anche spontanee che nel contesto storico le hanno conferito una consolidata unicità “Montefeltrana” con espansione nelle Marche e nelle regioni contigue di cui hanno ispirato e influenzato le loro ideazioni.
C’è miele e miele. Da una parte la roba venduta in bottigliette a forma di orso nei supermercati, che è spesso una mescolanza di mieli di varie provenienze. Dall’altra quello che si potrebbe chiamare Miele Vergine (o Vergine Integrale), che si compra spesso direttamente dall’apicoltore ed è estratto da arnie che si trovano in un punto preciso, dove le api raccolgono il polline principalmente da un fiore o tipo di pianta.
Dico potrebbe chiamarsi perché il termine Miele Vergine era un termine dell’etichettatura italiana introdotto per distinguere i mieli artigianali ottenuti dalla semplice centrifugazione dei favi senza l’applicazione di calore o altri trattamenti. Ma alla fine degli anni 90 la UE (allora CEE), pur dichiarando che le etichette dei vasetti di miele debbono indicare la provenienza del miele ivi contenuto, proibì l’utilizzo della parola Vergine e secondo un articolo pubblicato nel 2009 dalla Rete Rurale Nazionale il termine rimane tutt’ora proibito. Pertanto Vergine, o Vergine Integrale è più un concetto che una realtà normativa.
Cosa lo rende interessante? Dato che le api di un’arnia tendono a concentrarsi su un determinato fiore finché lo trovano, molti mieli vergini sono anche mieli derivati da singoli fiori, e ne riflettono le caratteristiche. Per esempio, mieli da aranceti hanno un delicato profumo d’arancia ed una leggera acidità agrumata che dona definizione alla loro dolcezza. Se non vi è abbastanza di un dato fiore le api raccoglieranno pollini anche da altri, producendo miele millefiori.
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