Biodiversità non è un concetto applicabile esclusivamente alla sfera prettamente “selvatica”, bensì essa comprende pure gli organismi che nel corso del tempo hanno subito un processo di domesticazione operato dall’uomo per scopi alimentari, ossia le colture agricole.
In questo specifico caso infatti è proprio l’intervento umano a favorire in larga misura la diversificazione del patrimonio genetico nelle varie specie d’interesse agro-alimentare, le quali vengono selezionate in base a date caratteristiche (ad esempio, la resistenza alle avversità climatiche ed ai parassiti, una maggior produttività o una crescita rapida e vigorosa).
Proprio per ovviare ad un prevedibile impoverimento, se non alla totale scomparsa, della variabilità genetica di tali colture, rischio tangibile dovuto alla tendenza ad usufruire costantemente soltanto di un ristretto pool di varietà e selezioni, dovrebbe instaurarsi sempre più una mentalità che possa creare un connubio tra la cultura contadina tradizionale, grazie alla quale sono scaturite le tecniche agricole, e la conservazione dei genomi botanici (tramite le banche dei semi) possibilmente locali.